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Ginecologia – la tecnica di rimodernamento anatomico è stata messa a punto da Antonio Longo, chirurgo italiano emigrato a Vienna, e presentata al congresso internazionale di specialisti in Florida. Ottimi i risultati dei primi quattrocento interventi.

Prolasso femminile l’intervento salva-utero

Un unico protocollo per risolvere il prolasso plurimo nelle donne. Si chiama Pops (Pelvic organ prolapse suspension), si può effettuare in laparoscopica ed è stata presentata a Fort Lauderdale al ventunesimo congresso internazionale di Colonproctologia della Cleveland clinic, la tecnica innovativa messa a punto da un chirurgo italiano per riposizionare il retto, la vescica e la vagina. Un rimodernamento anatomico già applicato a circa 400 donne in età compresa tra 22 e 86 anni, dal 2000 al 2008.

L’autore, Antonio Longo, direttore del centro del pavimento pelvico del St. Elizabeth hospital di Vienna, ha illustrato le tappe della procedura che prevede l’inserimento di una rete (la cosiddetta mesh) utilizzata anche per la chirurgia dell’ernia) per sospendere dall’alto i tre organi.

L’uovo di Colombo che, in contemporanea, risolve anche i problemi di incontinenza urinaria e stipsi correlate al prolasso della vescica e del retto, quasi sempre associati. I risultati del follow up durato otto anni hanno rivelato soltanto il 2% di recidive contro il 30% delle tecniche tradizionali.

“La benda a rete viene ancorata al fondo della vagina, la si fa passare sotto il peritoneo per poi fissarla in alto ai muscoli laterali dell’addome”, spiega Longo, cui si deve anche la tecnica indolore e mininvasiva per curare le emorroidi, “in questo modo l’utero è quasi sempre conservato e riposizionato in alto, nella sua sede anatomica originaria. Così l’organo può continuare a svolgere la funzione fisiologica di barriera tra retto e vescica, evitando che l’espansione di quest’ultima provochi incontinenza urinaria e fenomeni di cistite”.

Ma un utero risparmiato dal bisturi significa anche minor stress per la donna che non dovrà patire le conseguenze psichiche della mutilazione. “Questa chirurgia multidisciplinare consente alle pazienti di affrontare un’unica volta la sala operatoria”, commenta Angelo Stuto, presidente della Siucp, la Società italiana unitaria di colon proctologia, ” ma un approccio simile richiede però la stretta collaborazione tra chirurgo colorettale e uroginecologo”.

A confermare la correlazione tra i prolassi dei vari organi del bacino, prosegue Longo, è la percentuale: nel 30% dei casi, lo scivolamento del retto verso il basso nelle donne è secondario al prolasso utero-vaginale di varia gravità: “Malgrado ciò finora i disturbi urologici, ginecologici e colonproctologici sono stati valutati separatamente”.

Ogni anno sono circa 400 mila le donne operate per queste disfunzioni, mentre 120 mila devono tornare sotto il bisturi per gli stessi problemi: “E l’indice di un trattamento non adeguato”. E mentre il prolasso dell’utero e della vagina sono diagnosticabili con una semplice visita, mentre per individuare quello del retto esiste un esame specifico, la “cinedefecografia”. “Purtroppo quasi mai eseguita in caso di prolasso genitale”, aggiunge Longo. Si tratta di un’indagine radiologica che, nel giro di venti minuti, permette di studiare la funzionalità dell’intestino. La metodica si esegue introducendo liquido di contrasto nel retto, nella vagina e nella vescica: in questo modo gli organi del pavimento pelvico si opacizzano.

E, contemporaneamente, durante la defecazione viene realizzato un film che permetterà di individuare con precisione eventuali alterazioni o possibili ostruzioni causate dal prolasso.